Tratto da una ricerca di Francesca Giarè, Marco Vassallo, Carmela De Vivo – Firenze University Press – www.fupress.com/rea
Le riflessioni sulle funzioni sociali dell’agricoltura in Italia hanno iniziato a prendere consistenza nei primi anni 2000, con gli studi sui servizi sociali nelle aree rurali realizzati dall’Università di Pisa a supporto delle attività promosse dalla Regione Toscana (Noferi, 2007; Di Iacovo, 2003 e 2004).
Nello stesso periodo, l’Università della Tuscia avviava una riflessione nella stessa direzione, mettendo in evidenza come l’agricoltura sia in grado di fornire servizi che tendono a migliorare la qualità della vita dei membri della società, attraverso attività terapeutiche, riabilitative e di integrazione sociale.
In questo primo periodo non viene ancora utilizzata la locuzione agricoltura sociale, anche se potremmo dire che si avvia un percorso che porterà successivamente a questa scelta: «In primo luogo è utile esplicitare in che senso utilizzeremo il termine “sociale” in riferimento a una delle funzioni svolte dalle attività agricole.
Con tale aggettivazione intendiamo riferirci alle capacità del mondo agricolo, in particolare delle unità famiglia-azienda, di generare benefici (servizi) nei confronti di gruppi vulnerabili della popolazione a rischio di esclusione sociale.
Tali benefici possono essere erogati sia in forma implicita, che come risultato di un’azione esplicita.» (Senni, 2005).
Dalla collaborazione tra le due Università sopra nominate, è nato nel primo decennio di questo secolo anche il primo Master in Agricoltura Etico-Sociale2, a seguito del quale sono sorte diverse iniziative di informazione e animazione, come il blog Lombrico sociale, l’associazione Aicare, il progetto Buoni frutti.
È solo nel 2007, tuttavia, che si trovano le prime definizioni di AS. Carbone et al. (2007) mettono in evidenza come le attività agricole o connesse – nell’impiegare manodopera a vario tipo svantaggiata – si propongano esplicitamente l’obiettivo di generare benefici di tipo sociale: «Attività agricole portate avanti da aziende, di tipo privato o cooperativo, che impiegano manodopera a vario tipo svantaggiata, con l’obiettivo di migliorarne le condizioni di vita e di promuoverne l’inclusione sociale e lavorativa (…) con riferimento ai percorsi e alle pratiche che attraverso lo sviluppo di attività agricole o a queste connesse si propongono esplicitamente di generare benefici per fasce vulnerabili della popolazione».
Di Iacovo (2007) esplicita il legame intimo tra l’attività agricola e il soddisfacimento dei bisogni sociali delle persone a bassa contrattualità: «Quelle pratiche di agricoltura che sono intimamente legate al soddisfacimento di bisogni sociali di quella parte di popolazione a più bassa contrattualità – in modo temporaneo o meno – e al trasferimento/diffusione di conoscenze non codificate che caratterizzano il mondo rurale in generale e la componente agricola in particolare. (…) una pratica nella quale il contatto con le risorse dell’agricoltura e con i processi agricoli (spazio, tempo, cicli biologici, stili di vita) offre elemento di capacitazione e di inclusione di soggetti a più bassa contrattualità».
Dopo queste prime definizioni, negli anni successivi aumentano le occasioni di analisi e studio sul tema, che portano anche a una maggiore attenzione terminologica, nonostante le produzioni scientifiche fossero ancora limitate ai lavori delle Università di Pisa e della Tuscia.
Di Iacovo (2008), si focalizza sull’impiego delle risorse dell’agricoltura e della zootecnia e su «la presenza di piccoli gruppi, famigliari e non, che operano nelle aziende agricole, per promuovere azioni terapeutiche, di riabilitazione, di inclusione sociale e lavorativa, di ricreazione, di servizi utili per la vita quotidiana e di educazione», precisando anche che l’AS è una delle pratiche della multifunzionalità e della diversificazione agricola e «una forma specifica di co-produzione dei servizi alla persona, dove le risorse non specialistiche dell’agricoltura sono usate per organizzare servizi innovativi alla persona» (2013).
Senni (2010), invece, si sofferma ulteriormente sul carattere intenzionale delle pratiche di AS: «Quelle attività nelle quali una finalità sociale è intenzionalmente perseguita e assunta come esito di una pratica agricola».
Più recentemente, a seguito di un ampliamento della platea di studiosi che hanno approfondito il tema, anche da punti di vista disciplinari differenti, sono aumentati gli sforzi definitori, ai quali si sono accompagnate le definizioni “ufficiali” presenti in documenti comunitari e nazionali. Nel Parere del Comitato Economico e Sociale Europeo (2013) sul tema «Agricoltura sociale: terapie verdi e politiche sociali e sanitarie», ad esempio, l’AS viene definita come «un approccio innovativo fondato sull’abbinamento di due concetti distinti: l’agricoltura multifunzionale e i servizi sociali/terapeutico-assistenziali a livello locale». Il Parere, inoltre, precisa come lo scopo dell’agricoltura sociale sia anche quello «di creare le condizioni all’interno di un’azienda agricola che consentano a persone con specifiche esigenze di prendere parte alle attività quotidiane di una fattoria, al fine di assicurarne lo sviluppo e la realizzazione individuale, contribuendo a migliorare il loro benessere».
Una definizione vincolante di AS è contenuta nella l. 141/2015: «Per agricoltura sociale si intendono le attività esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del Codice civile, in forma singola o associata, e dalle cooperative sociali di cui alla l. 381/1991, nei limiti fissati dal comma 4 del presente articolo, dirette a realizzare: a) inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disabilità e di lavoratori svantaggiati (…) e di minori in età lavorativa inseriti in progetti di riabilitazione e sostegno sociale; b) prestazioni e attività sociali e di servizio per le comunità locali mediante l’utilizzazione delle risorse materiali e immateriali dell’agricoltura per promuovere, accompagnare e realizzare azioni volte allo sviluppo di abilità e di capacità, di inclusione sociale e lavorativa, di ricreazione e di servizi utili per la vita quotidiana; c) prestazioni e servizi che affiancano e supportano le terapie mediche, psicologiche e riabilitative finalizzate a migliorare le condizioni di salute e le funzioni sociali, emotive e cognitive dei soggetti interessati anche attraverso l’ausilio di animali allevati e la coltivazione delle piante; d) progetti finalizzati all’educazione ambientale e alimentare, alla salvaguardia della biodiversità nonché alla diffusione della conoscenza del territorio attraverso l’organizzazione di fattorie sociali e didattiche riconosciute a livello regionale, quali iniziative di accoglienza e soggiorno di bambini in età prescolare edi persone in difficoltà sociale, fisica e psichica».
Diverse leggi regionali approvate prima e dopo la l. 141/2015 presentano definizioni differenti, anche in misura consistente, rispetto a quella sopra riportata.
L’analisi del contenuto delle definizioni presenti nella letteratura e nelle norme analizzate mette in evidenza alcuni elementi ricorrenti ed alcune differenze significative, che appaiono – alla luce delle più recenti ricerche sul tema dell’AS, particolarmente interessanti (nota TAB. 1).
Una prima differenza importante risiede nell’uso alternativo, per quanto riguarda l’oggetto specifico, della locuzione attività agricola e di quella risorse dell’agricoltura, che risulta determinante perché rimanda a interventi e politiche differenti.
Per attività agricola si fa infatti riferimento alla produzione, all’allevamento o alla coltivazione di prodotti agricoli, attività supportate dalla Politica Agricola Comunitaria (PAC), mentre le risorse dell’agricoltura (strutture, attrezzature, superfici, personale, ecc.) possono essere utilizzate anche con altre finalità (ad esempio sociali, terapeutiche, educative, ecc.) sostenute da altre politiche di settore.
Anche il riferimento ai luoghi e al contesto più generale in cui tali pratiche vengono realizzate, lascia spazio ad ambiguità importanti; alcuni autori (Senni 2005, Di Iacovo 2008) si concentrano infatti sull’importanza dei piccoli gruppi e delle aziende agricole familiari (che peraltro costituiscono la quasi totalità delle aziende agricole in Italia), mentre altre definizioni fanno riferimento a un più generico contesto agricolo aziendale.
Per quanto riguarda la mission, occorre evidenziare come in alcuni casi si faccia rifermento a un generico soddisfacimento di bisogni sociali o all’inclusione sociale e lavorativa, mentre in altri si utilizzino locuzioni che rimandano ad approcci più attuali di welfare, come la capacitazione delle persone coinvolte e la co-produzione dei servizi (ad es. Senni, 2010; Venturi, Zandonai, 2016).
I destinatari, infine, sono denominati nelle forme più varie, anche se ci si riferisce comunque all’insieme delle persone vulnerabili che rientrano tra i soggetti cui sono indirizzate le politiche sociali e socio-sanitarie.
SEGMENTI SIGNIFICATIVI
L’agricoltura sociale è costituita da qualsiasi attività connessa all’agricoltura svolta da imprenditori agricoli di cui all’art. 2135 del codice civile finalizzata a dare una risposta ad un problema sociale di persona disabile.
L’agricoltura sociale è la gestione sostenibile di tutti i fattori produttivi di un’azienda agricola, dove le persone – senza distinzioni di abilità, salute, condizione sociale e lavorativa – prendono parte alle attività al fine di garantire la produttività dell’azienda e assicurare lo sviluppo e la realizzazione di ogni singolo individuo.
L’agricoltura sociale è un contenitore di pratiche sociali ed educative sperimentali che utilizzano il potenziale dell’agricoltura per raggiungere obiettivi di inclusione sociale.
L’agricoltura sociale è un insieme di teorie e pratiche, solidali e responsabili, che possono contribuire in modo determinante al conseguimento di uno sviluppo locale sostenibile, alla realizzazione di azioni di welfare di comunità e alla produzione di cibo sano.
L’agricoltura sociale è l’insieme delle attività svolte nell’azienda agricola al fine di promuovere l’inclusione sociale, la riduzione della povertà e lo sviluppo economico secondo una logica di integrazione tra la politica di coesione e quella di sviluppo rurale e di integrazione tra le aree urbane e quelle rurali.
L’agricoltura sociale è nell’ambito della multifunzionalità dell’agricoltura, un’attività che opera sulla base di esperienze e progetti in cui le attività agricole e quelle connesse sono condotte con il proposito di generare benefici inclusivi per coloro che hanno dei bisogni speciali e svolge azioni di collegamento tra politiche agricole e politiche sociali, formative-educative, sanitarie, e della giustizia.
L’agricoltura sociale è un tipo di attività agricola che tende all’inclusione di persone appartenenti a fasce “deboli” quali ex detenuti, persone con disabilita mentali e fisiche non particolarmente gravi o appartenenti ad altre fasce “deboli”, che vengono formate in aziende agricole appositamente strutturate per il reinserimento sociale e lavorativo.
L’agricoltura sociale è un’attività della multifunzionalità, attenta all’ambiente, che coniuga l’offerta di servizi con una gestione d’impresa e fornisce servizi per le categorie svantaggiate, che diventano parte attiva e non più soggetti assistiti.
L’agricoltura sociale è l’insieme di pratiche innovative finalizzate a rivitalizzare le comunità locali mediante l’utilizzo delle risorse agricole, materiali e immateriali, e – contestualmente – la creazione di ambienti di vita capaci di promuovere e far crescere le persone e le popolazioni.
IN SINTESI
A. L’Agricoltura sociale è caratterizzata dall’uso sostenibile delle risorse dell’agricoltura finalizzato a generare esplicitamente benefici per fasce vulnerabili della popolazione, secondo una logica di integrazione tra le politiche.
B. L’Agricoltura sociale è un modello di produzione innovativo che contribuisce allo sviluppo sostenibile dei territori, a fornire nuovi servizi e a generare benefici per le fasce vulnerabili della popolazione, che diventano parte attiva del processo produttivo.
C. L’Agricoltura sociale è un insieme di pratiche solidali e responsabili, che possono contribuire in modo determinante al conseguimento di uno sviluppo locale sostenibile, alla realizzazione di azioni di welfare di comunità e alla produzione di cibo sano.
D. L’Agricoltura sociale è l’insieme di pratiche innovative realizzate in aziende agricole appositamente strutturate finalizzate a rivitalizzare le comunità locali e a creare ambienti di vita capaci di promuovere e far crescere le persone e le popolazioni.
Agricoltura sociale, con i CAITPR è possibile!
Sono diversi gli esempi virtuosi che annoveriamo nella nostra Associazione sia in Italia sia all’estero.
Uno molto interessante si trova in Germania e si chiama EVA PEGASO (in foto di copertina), una figlia di Zoran.
Fu acquistata nel 2017 da Uschi Wurster, una grandissima appassionata di cavalli da tiro rimasta affascinata dopo aver visto i nostri CAITPR a Marbach nel 2016.
Oggi Eva è parte inscindibile della pariglia di Uschi assieme ad una Comtois.
Insieme sono attive in attività di agricoltura sociale che in Germania sono considerate molto utili ai fini dell’inclusione sociale.